In cammino…

Era il 26 di agosto 2015 e a Caldas de Reis finalmente ebbi il tempo e le forze per scrivere ciò che nella mia testa già era qualche giorno che girava. Nella mente sì, ma la mente poi non è altro che corpo. E’ meningi, sinapsi, neuroni, cellule, ossigeno, sangue e acqua. La mente è corpo, e il corpo è tutto. Perciò come spesso accade, separiamo ciò che è sempre stato unito, per poi riunificarlo, pensando di fare così una cosa speciale.
Ma l’essere umano è cosa sola: corpo, mente, muscoli, sangue, cervello, cellule, spirito, anima, pensiero, sensazioni, percezioni, emozioni.
E così il mio corpo, i miei muscoli, i piedi, le gambe e le spalle avevano afferrato dei significati, degli insegnamenti, da quello che poi sarebbe stato il mio secondo Cammino di Santiago. All’inizio, nelle prime tappe, a volte mi sono chiesta “Ma chi me l’ha fatto fare? Perchè sono tornata?” La fatica era tanta, il sole cuoceva la testa e le ore passavano interminabili… Poi finalmente un giorno è successo: “la magia del camino” che avevo incontrato cinque anni fa, si è mostrata.
E da quel giorno ho capito perchè sono ritornata. E perchè ancora ritornerei.
E’ un’avventura quotidiana, che ti mette alla prova, ma che ti fa scoprire che come essere umano sei molto di più di ciò che dai, nell’ordinarietà della tua vita. Non conosciamo fino in fondo le nostre possibilità, le nostre capacità, eppure abbiamo dentro di noi un potenziale e certe esperienze sono in grado di mostrarcelo. Il mistero parzialmente si dispiega. E allora il cammino diventa uno strumento di conoscenza di sé, uno specchio, un percorso evolutivo di consapevolezza. Ma non necessariamente a livello cognitivo, si tratta di un percorso vero, reale e concreto. La metafora si intreccia alla realtà. Sono le gambe che lo fanno, insieme alla mente, a tutto il corpo e allo spirito. Ma appunto noi siamo cosa unica, e quindi… Sono io che lo faccio.
E mentre cammino, mentre percepisco nitidamente, anche grazie al dolore, le parti del mio corpo che agiscono, cambio. Mi modifico, imparo, sento, conosco, dentro e fuori di me.
E così cerco di afferrare quegli insegnamenti, quelle sensazioni vitali e di tradurle in parole, prima parlate, ad alta voce in un momento di solitudine di una mattina di pioggia, sempre in movimento. Poi finalmente provo a metterle per iscritto, e sembra funzionare.
E allora ecco, questa è la mia traduzione azzardata di sentimenti e insegnamenti:
1- Ogni giorno è un cammino, ogni giorno è un’avventura. Ogni giorno si parte per quello che il giorno ha da dare. Ogni giorno va vissuto per ciò che è, per come si presenta, con i suoi ostacoli, le bellezze, le salite e le discese. Essendo semplicemente testimoni. Senza giudizio. Osservando in silenzio ciò che semplicemente è.
2- Ogni cosa va affrontata quando si presenta, e tutto può essere affrontato. Qualunque percorso lo si può intraprendere, sapendo che porterà sempre a casa, alla fine, la sera.
3- Il cammino ha i suoi tempi e sono lenti. Ci vuole pazienza e rispetto delle tappe.
4- Io posso fabbricarmi gli strumenti di cui ho bisogno per affrontare qualsiasi prova. Ne ho tutte le capacità, e il mondo mi offrirà ciò di cui ho bisogno, quando ne avrò bisogno.
5- Se mi metto in gioco e affronto tutte le situazioni, anche le più faticose, poi scopro delle cose di me che non conoscevo, nuove capacità che non avrei conosciuto, altrimenti.
6- La meta ci vuole. Ma deve essere una meta “alta”, prestigiosa, di valore, spirituale. Una meta concreta dura poco, poi si brucia. Una meta “alta” invece è inattaccabile e arricchisce il cuore, illuminando la strada di ogni giorno.
7- E poi… sul cammino si fanno incontri veri, reali e concreti. Incontri con chi, ognuno col proprio perchè, sta camminando insieme a te in questo momento. Nel qui ed ora. Nello stesso luogo. E si sente come te: nel posto giusto al momento giusto, nonostante tutto.
Credo sia questa la vera bellezza. Le relazioni umane. Quelle vere.
Caldas de Reis, Galizia, Spagna. Agosto 2015